“Il coronavirus è intelligente, si indebolirà per sopravvivere”
Il capo della ricerca del San Raffaele, Elisa Vicenzi: escluso che si tratti di un prodotto da laboratorio sfuggito di mano
MILANO. «Il coronavirus si indebolirà col passare del tempo e diventerà meno contagioso. E’ l’unica maniera che ha per sopravvivere. E il virus ha questa intelligenza». Elisa Vicenzi lo ha studiato per la Sars, «che è diversa, ma si è attenuata per durare» e dalla Suina alla Zika non c’è malattia che non sia passata dal suo laboratorio di capo dell’Unità Patogenesi virale e Biosicurezza del San Raffaele. Ora guida con Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Humanitas, una squadra sul coronavirus finanziata da Dolce e Gabbana.
Che ricerca state conducendo?
«Contro il Sars-CoV2, questo il nome scientifico del virus, vogliamo
approfondire il ruolo dell’immunità innata, che è costituita da molte componenti
sia cellulari sia del sangue e di altri tessuti e fluidi corporei, ed è la prima
difesa dell’organismo contro i virus. Si tratta di un sistema che agisce
rapidamente, a differenza dell’immunità specifica dei linfociti che per produrre
anticorpi impiegano settimane. Il nostro progetto si concentra su alcune
molecole dell’immunità innata, scoperte dal Professor Mantovani, e considerate
antenati degli anticorpi, che potrebbero prevenire l’infezione del coronavirus».
Oltre al vostro, a che punto sono gli studi per debellare la malattia?
«La scienza si sta concentrando sulle molecole in grado di prevenire l’infezione
o inibire la replicazione virale. In particolare, su farmaci già in uso nella
pratica clinica come nella terapia dell’Hiv, che hanno dimostrato qualche
efficacia contro il coronavirus, oltre alla ovvia ricerca di un vaccino».
Quest’ultimo chi ha più probabilità di
trovarlo?
«Difficile predirlo, anche perché il ruolo degli anticorpi nella protezione o
nell’eliminazione del virus non è ancora ben noto. Al National Institutes of
health di Bethesda negli Stati Uniti stanno lavorando e lo Spallanzani di Roma
collabora con il grande esperto Rino Rappuoli».
Cosa si è capito finora del coronavirus?
«E’ stata risolta la struttura tridimensionale della proteina virale che lega il
recettore specifico sulle cellule bersaglio dell’apparato respiratorio.
Conoscendo questo legame si possono cercare le molecole, come gli anticorpi, che
possono interferire all’entrata del virus nelle cellule».
E’ stato escluso il complottismo che si
tratti di un prodotto da laboratorio sfuggito di mano?
«Sì, perché non esiste niente di simile da cui partire. L’origine più probabile
è una delle 1200 specie di pipistrello, quella a ferro di cavallo. Con un
probabile ospite intermedio, che secondo il consorzio di ricerca Next strain, ha
la stessa sequenza genetica del pangolino, un formichiere utilizzato dalla
medicina cinese».
Ci sono regole utili per evitare il virus?
«Oltre a seguire le regole bisogna ricordare che la paura è nemica della salute,
perché genera stress e indebolisce il sistema immunitario. Sull’alimentazione le
vitamine come la B12 o la D, che viene col sole, sono fondamentali. Una dieta
varia e ricca di vitamina C aiuta. Vale la regola delle cinque porzioni di
frutta o verdura al giorno».
Si fa fatica a seguire il senso del
contagio, che idea si è fatta?
«Una sfortunata catena d’infezione iniziata da un asintomatico o con sintomi
sottovalutati. Sono questi ultimi a preoccuparmi, perché continuano a
trasmettere il virus».
Che crescita dei contagi prevede?
«E’ una situazione complessa e ancora in evoluzione, ma le cose dovranno andare
peggio prima di andare meglio e il caldo non è detto che aiuti».
E’ vero che ha un andamento trifasico e
nella terza settimana si aggrava?
«Può avere un’evoluzione grave e diventare polmonite. Difficile che un under 60
muoia però. E per gli anziani molto dipende dalle cure mediche».
Bisognava quarantenare chi veniva dalla Cina da subito?
«Bloccare i voli diretti con la Cina non è bastato, anzi potrebbe aver aumentato le persone che hanno fatto scalo e sono arrivate in Italia senza controllo con un effetto boomerang».
A livello storico queste epidemie sono in aumento o sono un caso?
«Iniziano negli anni ’80 con l’Hiv, poi c’è una pausa e si intensificano: nel
2003 la Sars, nel 2005 l’Aviaria, nel 2009 la Suina, nel 2016 Zika e ora questa.
Tutte di origine animale. Il mondo è più collegato e in Asia o in Africa la
sovrappopolazione altera lo spazio della natura con commistioni tra uomo,
animali domestici e selvatici. Cambiamenti climatici e sottosviluppo fanno il
resto».
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